SENATO DELLA REPUBBLICA------------------ CAMERA DEI DEPUTATI
XIII LEGISLATURA
COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA
SUL DISSESTO DELLA FEDERAZIONE ITALIANA
DEI CONSORZI AGRARI
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RESOCONTO STENOGRAFICO
DELLA
SEDUTA DI MERCOLEDI' 2 GIUGNO 1999
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Presidenza del presidente Melchiorre CIRAMI
I lavori hanno inizio alle ore 19,35
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
Audizione del dottor Gianmario Roveraro
PRESIDENTE. La Commissione procede oggi all'audizione del dottor Gianmario Roveraro, che ringrazio per aver accolto, con cortese disponibilità, il nostro invito.
Prima di dare la parola al dottor Roveraro per una illustrazione del ruolo da lui svolto nella vicenda Federconsorzi, avverto che i nostri lavori si svolgono in forma pubblica, secondo quanto dispone l'articolo 7 della legge istitutiva, e che è dunque attivato, ai sensi dell'articolo 12, comma 2, del nostro Regolamento interno, l'impianto audiovisivo. Qualora da parte del dottor Roveraro o di colleghi lo si ritenga opportuno in relazione ad argomenti che si vogliono mantenere riservati, disattiverò l'impianto audiovisivo per il tempo necessario.
Preciso, infine, che dell'audizione odierna è redatto il resoconto stenografico, che sarà sottoposto, ai sensi dell'articolo 12, comma 6, del Regolamento interno, alla persona ascoltata e ai colleghi che interverranno, perché provvedano a sottoscriverlo apportandovi le correzioni di forma che riterranno, in vista della pubblicazione negli Atti parlamentari.
Voglio informare il dottor Roveraro che siamo a conoscenza del contenuto della deposizione fatta alla Procura della Repubblica presso il tribunale di Perugia il 15 aprile 1996 e del promemoria allegato a quell'interrogatorio. Invito pertanto il nostro ospite, se lo ritiene, a richiamarlo per punti, ma non a riprenderlo per intero. Scelga lei la metodologia di lavoro in modo da lasciare il maggior spazio possibile ai colleghi che vogliono intervenire.
ROVERARO. Volevo premettere che ho avuto modo di vedere il documento soltanto mezz'ora fa, perché la società di cui facevo parte a suo tempo è stata venduta, per cui non ho accesso al materiale.
Personalmente preferirei - se è possibile e se lo ritenete opportuno - ricevere delle domande, perché mi sarebbe difficile riproporre il contenuto del verbale e dell’allegata documentazione.
MANCUSO. Dottor Roveraro, abbiamo qui il verbale della sua assunzione innanzi alla Procura della Repubblica di Perugia e di una sua memoria. Vorrei conoscere i destinatari di questo documento, di questa memoria.
ROVERARO. Il destinatario del documento, se non ricordo male, non fu la procura della Repubblica, alla quale fu dato successivamente. Non ricordo con precisione, ma suppongo che lo consegnammo al professor Capaldo e in parte all'onorevole Andreotti, perché hanno date diverse. Si trattava di memorie che sintetizzavano il nostro punto di vista sulla vicenda.
MANCUSO. Presso chi?
ROVERARO. Ritengo che certamente una delle memorie sia andata all'onorevole Andreotti ...
MANCUSO. Allora Presidente del Consiglio.
ROVERARO. Sì, è per questa ragione che gli fu inviata. Le altre relazioni suppongo siano andate al professor Capaldo.
MANCUSO. Sarebbe opportuno, dottor Roveraro, che ci precisasse la ragione dello stato di difficoltà in cui lei si trova nel reperimento delle fonti documentali.
ROVERARO. Come dicevo prima, la società Akros è stata venduta nel 1998, io l'ho lasciata a metà del 1997, quindi non posso accedere alle informazioni.
MANCUSO. Vorrei conoscere, in sostanza, quando ebbe inizio il suo coinvolgimento nella questione Federconsorzi, con quale oggetto, con quali interlocutori, con quali risultati.
ROVERARO. Devo fare una premessa. Ci siamo occupati della Federconsorzi perché, come banca d'affari, ci occupiamo di molte cose; però, non tutte le cose di cui ci occupiamo portano ad una conclusione.
Noi fummo sollecitati sull'argomento da una persona, che ci chiese un nostro parere sulla parte finanziaria, non di un progetto, ma di un'idea di rilancio dei consorzi agrari (non si parlava della Federconsorzi). Questa persona ci chiese, come società di consulenza che conosceva il mercato finanziario, se l'idea che stava prospettando poteva essere realizzabile sul mercato finanziario.
Le cose sono iniziate - come è detto nel verbale - nella tarda primavera o estate del 1991 - mi sembra di ricordare i mesi di maggio-giugno o di giugno-luglio - e si sono concluse verso la metà del 1992, perché il tentativo di vedere se per noi ci fossero spazi professionali risultò privo di fondamento, nel senso che erano già state prese delle iniziative, tra l'altro era intervenuto il concordato preventivo chiesto per la Federconsorzi, per cui - come ho detto - non ci sarebbe stato per noi nessuno spazio di tipo professionale.
MANCUSO. Quindi?
ROVERARO. Quindi, lasciammo perdere l'argomento.
MANCUSO. Lei finisce con l'avere un qualche ruolo nella faccenda del cosiddetto "piano Capaldo", quello che portò, poi, prima all'ideazione e poi alla costituzione della S.G.R.?
ROVERARO. Non ho avuto alcun ruolo, se non quello di aver parlato con il professor Capaldo e di avergli lasciato dei documenti che presumo - se non sono esattamente gli stessi - siano analoghi e quelli qui distribuiti, elaborati al nostro interno per consegnarli a qualcuno. Quindi, né io né la Akros abbiano avuto alcun ruolo, se non quello di aver comunicato il punto di vista, i documenti e le idee al professor Capaldo.
MANCUSO. E il contatto con il professor Capaldo era in funzione della sua progettata idea...
ROVERARO. Sì, quella eventualmente di intervenire come banca di affari (come altri avrebbero potuto fare) all'interno di questo progetto: le banche di affari sono degli intermediari.
MANCUSO. Ma la società che allora lei presiedeva aveva forse un ruolo non formale, non contrattuale.
ROVERARO. Assolutamente no. Si tratta di quelle iniziative - come ho cercato di far capire prima - che si intraprendono per cercare di individuare possibili affari. Le iniziative sono molte, si propongono i propri punti di vista, ci si presenta con l'intendimento di sviluppare una linea di affari, un progetto, che in questo caso non ha avuto alcun seguito: noi, allora, non avemmo alcun incarico di tipo formale da alcuno.
MANCUSO. Signor Presidente, mi scusi, ma vorrei precisare che il mio non è un atteggiamento inquisitorio, ma siccome manca la premessa di una relazione, devo cercare di trarre gli stessi risultati da un colloquio, che è quello che sto svolgendo - ripeto - non in termini inquisitori.
ROVERARO. No, si immagini.
PRESIDENTE. Lo avevamo detto in premessa: va benissimo.
MANCUSO. Io tengo a queste cose, anche se altri le enunciano solo.
Dunque, così stando le cose, professore, lei, una volta apprezzata la situazione che ci venne prospettata all'inizio, in sostanza si trasse indietro, non ebbe un vero interesse.
ROVERARO. No.
MANCUSO. Ma questo fino a quando si verificò?
Vi fu un secondo momento nel quale, viceversa, lei - non dico come società, ma forse come persona - si rese autore di un piano, di una proposta, di un qualcosa che attenesse al miglior trattamento del dissesto della Federconsorzi?
ROVERARO. Guardi, i documenti testimoniano che ci sono stati due momenti distinti, in questa vicenda. Riguardo al primo, il coinvolgimento da parte nostra è stato soltanto quello di comprendere, di dare un consiglio, di fornire la nostra opinione - per così dire - da "esperti", sulla possibilità di salvare la rete dei consorzi agrari con la sua funzione commerciale. Quindi, l'idea originaria da cui noi partimmo fu proprio questa: i consorzi agrari sono salvabili nella loro totalità (non ricordo quanti fossero all'epoca, ma certamente erano abbastanza numerosi) o soltanto in parte? Questi consorzi agrari (quelli ancora vitali), in base al progetto di massima che presentammo, avrebbero dovuto essere rilevati da una società che si sarebbe costituita tra gli agricoltori; questa società avrebbe avuto bisogno di un certo capitale che, all'epoca, come si evince anche dalla mia precedente esposizione, poteva essere di circa 200 miliardi e a noi si chiese se ci paresse o no ragionevole che il mercato finanziario in generale, e il mondo degli agricoltori in particolare, potesse essere in grado di sottoscrivere 200 miliardi. La nostra risposta fu che probabilmente gli agricoltori non avrebbero trovato particolarmente attraente un'operazione di quella portata, ma che forse fra gli agricoltori ci sarebbero potute essere persone di grande prestigio professionale e che probabilmente si sarebbe potuto costituire un consorzio di banche che avrebbe successivamente collocato sul mercato tutti i titoli.
Questa fu la partenza, e ciò avvenne nella tarda primavera o all'inizio dell'estate del 1991: ci fu chiesta un'opinione e noi fornimmo una risposta.
Successivamente, siccome avevamo fatto comunque un certo lavoro, pensammo di non lasciar cadere completamente il nostro interesse verso gli sviluppi Federconsorzi e, quando venimmo a conoscenza della richiesta del concordato, presentammo una proposta che permettesse di risolverlo in maniera rapida, perché poteva essere un concordato - per così dire - garantito oppure un concordato con la cessione dei beni. Pensammo che la soluzione potesse essere utile a tutti quanti, perché avrebbe preservato al meglio l'avviamento del sistema Federconsorzi e avrebbe consentito di vendere meglio quei cespiti che fossero risultati vendibili.
La condizione per noi fondamentale era che tutti i creditori, tutti gli interessati all'operazione Federconsorzi fossero trattati equamente. Pertanto, l'assunzione del concordato, attraverso la cessio bonorum oppure garantito, doveva essere effettuata soltanto ed esclusivamente dai creditori, da quei creditori che giudicassero per loro interessante farlo, liquidando in base alla percentuale del 40 per cento i creditori che, per varie ragioni, pensavano di non accedere all'operazione. Questo era il presupposto fondamentale.
MANCUSO. In sostanza, se non comprendo male, questo progetto adombrava i lineamenti di quello che poi sarebbe stato, nella seconda parte, indicato come il progetto Capaldo. In funzione di questa similitudine, vorrei sapere soprattutto se e in che misura il progetto Capaldo abbia risentito della sua eventuale collaborazione, nel senso che abbiamo detto, e chi furono gli interlocutori per il convergere di questi studi.
ROVERARO. Devo dire che non so se il progetto Capaldo abbia utilizzato, in tutto o in parte, i suggerimenti che noi avevamo adombrato nei nostri colloqui: questo non lo so. So per certo che il professor Capaldo mai rispose in maniera positiva alle domande che gli ponevamo, quando gli chiedevamo se potevamo in qualche modo collaborare a questo progetto: il professor Capaldo non diede alcuna risposta né noi fummo sollecitati da alcuno ad approfondire le cose che avevamo presentato.
Credo di aver incontrato il professor Capaldo forse due o tre volte: non sono certo se due o tre; non fu, quindi, un rapporto molto assiduo.
MANCUSO. E quali altre personalità…
ROVERARO. Nessun'altra.
MANCUSO. …delle banche creditrici…
In che veste incontrò il professor Capaldo, allora?
ROVERARO. Era il presidente della Banca di Roma.
MANCUSO. E della Banca di Roma incontrò soltanto lui?
ROVERARO. Sì.
MANCUSO. Ed altri no?
ROVERARO. No.
MANCUSO. Nella sua deposizione (mi scuso nuovamente per questa "pioggia di domande", ma il motivo per cui le faccio l'ho già spiegato), lei accenna anche al problema delle banche estere, della sofferenza delle banche estere. Questo aspetto fu oggetto della loro riflessione in questa fase, per così dire, piuttosto indeterminata o fu oggetto di una sua riflessione a posteriori?
ROVERARO. No, perché le banche estere, di cui conoscevamo il rappresentante (perché credo che ogni due o tre anni ne nominano uno, e non era un fatto noto soltanto a noi, perché fu pubblicamente espresso alla stampa), a torto o a ragione (francamente non ho mai approfondito) si lamentavano del fatto che i crediti che loro avevano concesso alla Agrifactoring, comunque al sistema della Federconsorzi, erano concessi allo Stato italiano, il che può apparire singolare perché una banca dovrebbe sapere se Federconsorzi è garantita o meno dallo Stato: comunque è quello che si diceva. Conoscevamo anche il rappresentante delle banche estere.
MANCUSO. Lei reputa che altre persone, intervenute come lei in questa fase che parrebbe piuttosto preparatoria, non conseguente alcun risultato, possano essere utili alla nostra indagine conoscitiva. Mi riferisco ad eventuali collaboratori o altre persone che comunque abbiano avuto occasione di interessarsi.
ROVERARO. Per quanto riguarda i miei collaboratori, si trattava di un gruppo ristrettissimo perché lavoravamo in due, forse in tre, in quanto non fu un progetto molto approfondito. Lascio quindi giudicare a lei se sia opportuno o no. Tenga presente che, con la vendita di Akros, molte persone sono andate via, non sono più in Akros.
Per quanto riguarda altre persone non so dirle; so che molte altre persone, immagino a voi tutte note, si sono interessate ad altri aspetti, ma si tratta di cose che ho appreso dopo per un interesse esclusivamente professionale.
MAGNALBO'. Come abbiamo potuto apprendere lei predispose un piano di fattibilità, un progetto molto articolato e preciso che comprendeva due ipotesi, la prima era il concordato preventivo, l'altra il progetto Fiordaliso, che poi fu abbandonato...
ROVERARO. Erano due aspetti paralleli.
MAGNALBO'. Due aspetti paralleli che potevano contemperarsi, con la società Alfa che doveva essere forse assuntrice del concordato o forse parte della cessio bonorum. Vorrei sapere se la sua estromissione dal tutto avvenne dopo aver avuto un colloquio ed, inoltre, se lei comprese le ragioni, se fossero cioè di natura finanziaria - perché qualcuno magari voleva sostituirla nel progetto che, essendo di tipo economico, poteva portare degli utili - o se ritiene che vi siano state ragioni politiche perché lei era un soggetto terzo rispetto ad altri che, potendo fare la sua stessa operazione, lavoravano sia per Fedit che per istituti bancari.
In secondo luogo, vorrei che lei ci spiegasse le differenze tra il piano Akros e quello Capaldo perché, leggendo quest'ultimo, ho avuto l'impressione che sia una brutale e maldestra semplificazione del piano Akros e, da un punto di vista giuridico, non l’ho capito. La invito dunque a spiegarci effettivamente quali siano le differenze tra il suo piano e quello di Capaldo.
ROVERARO. Rispetto alla prima domanda, preciso che più di un'estromissione si è trattato di un lasciar cadere l'interesse per cui non vi fu alcun colloquio chiarificatore dicendo che non era il caso. Semplicemente cadde l'interesse da parte delle controparti, quindi non conosco e non ho mai compreso quali fossero le ragioni. Considerai allora il fatto non certamente gradevole, ma sul piano anche dei rapporti personali. All'epoca si dissero molte cose, pareva ci fossero interessi economici o politici, si favoleggiava di differenze positive strepitose, cose che francamente non sarebbero esistite.
Sulla differenza tra i due piani non sono in grado di esprimermi perché non ho mai esaminato con cura il piano realizzato, anzi non l'ho mai esaminato, non ho mai fatto il calcolo delle differenze. Posso dire che la mia impostazione era semplice, chiunque avesse esaminato il problema avrebbe compreso che non c'erano molte alternative, la mia era semplice e attuabile.
VENETO Gaetano. Nel verbale di assunzione di informazioni, ai sensi dell'articolo 362 del codice di procedura penale, lei afferma che : "All'incirca nell'estate 1991 si cominciò a parlare nel settore del caso Federconsorzi....". Prima di questo lei dice che la Akros, la società di cui lei era amministratore delegato... lo è ancora oggi?
ROVERARO. Ho lasciato la società nel maggio 1997.
VENETO Gaetano. "La nostra società opera principalmente nel campo dell'intermediazione finanziaria e anche nel campo immobiliare". Vorrei sapere se quando afferma "si cominciò a parlare nel settore" si riferisce a quello finanziario o a quello agricolo.
ROVERARO. A quello agricolo.
VENETO Gaetano. Tant'è che il dottor Forchielli si rivolse alla Akros per un parere. Proseguendo poi nell'esame del verbale emerge che nel settembre-ottobre del 1991 alcune banche straniere con le quali Akros aveva rapporti finanziari avanzano delle lamentele, che ieri sera abbiamo sentito riferire parzialmente anche dal ragioniere Geronzi, concernenti l'esposizione di Agrifactoring; queste banche scottate si rivolgono alla Akros, la quale presenta un piano. Lei afferma che "Non facemmo cifre, in quanto non effettuammo valutazioni accurate né del patrimonio immobiliare, né di quello mobiliare e dei crediti". E' importante chiarire le date, si ricorda se sia stato il settembre o l'ottobre? Infatti nell'estate ci si comincia ad interessare, nel settembre-ottobre le banche straniere...
ROVERARO. Vorrei precisare che le banche straniere non si rivolsero a noi, le banche straniere hanno ampiamente parlato di tutto questo; in un incontro, per altri motivi, con il loro rappresentante cogliemmo anche questo elemento.
Prendemmo in considerazione i dati contabili che furono resi disponibili dal tribunale che aveva proceduto a dichiarare ..... Furono quelli i dati che avevamo a disposizione.
VENETO Gaetano. Quindi, questa vostra valutazione sarà stata effettuata tra settembre, ottobre e novembre.
A questo punto si dice che "il nuovo progetto venne proposto all'allora Presidente del Consiglio, onorevole Giulio Andreotti". Fu un'idea della Akros o avvenne di concerto con le banche?
ROVERARO. No, assolutamente.
VENETO Gaetano. "Il presidente Andreotti consigliò di prendere contatti con il ministro Goria e con il professor Capaldo". Vorrei sapere a quale titolo? Lei ricorda per caso questo incontro, se era presente? E perché il professor Capaldo? Forse perché era un esperto, un professore, il presidente del Banco di Stanto Spirito, quindi uno dei maggiori ammalati?
ROVERARO. Più che quello che ricordo quello che pensai e cioè che il professor Capaldo aveva due vesti interessanti: innanzitutto era presidente di una delle banche maggiormente esposte, in secondo luogo si sapeva che era una persona vicina, era stato consulente della Federconsorzi, della Coldiretti, comunque era una persona che aveva una conoscenza diretta e specifica di queste problematiche.
VENETO Gaetano. Lo sapeva lei o glielo ha detto il professor Capaldo?
ROVERARO. Nell'ambiente lo sapevano tutti, era noto a tutti, così come che Goria era ministro dell'agricoltura.
VENETO Gaetano. Proseguendo nell'esame del verbale: "Il professor Capaldo trovò interessante la cosa e vi furono al riguardo svariati incontri nell'aprile del '92"; incontri che vengono fatti - a quanto ci ha riferito il professor Capaldo - mentre partoriva il suo piano. A quale titolo il professor Capaldo organizzava questi incontri e con chi ? Forse sempre come Presidente del Banco di Santo Spirito?
ROVERARO. Si incontrava con la persona che si interessava al problema in quanto - presumevo io - aveva almeno un interesse: quello di essere il responsabile di una banca particolarmente esposta nei confronti della Federconsorzi.
VENETO Gaetano. Proseguendo: "Apprendemmo quindi sempre dai giornali che nel maggio del '92 il professor Capaldo aveva proposto per il tramite dell'avvocato Casella l'acquisto del patrimonio FEDIT agli organi della procedura" ed ancora "…Questa soluzione non ci colse completamente di sorpresa, poiché all'epoca si aveva notizia che anche altri avessero intenzione di proporre l'acquisto in massa agli organi della procedura…". Non era a conoscenza del piano di Capaldo?
ROVERARO. Non l'ho mai saputo.
VENETO Gaetano. Proseguendo: "Non ho notizie,…, di contatti con la Ferruzzi da parte di Cusani o di altri legati al progetto Locatelli". Conosce il progetto Locatelli?
ROVERARO. Sì, lo conosco.
VENETO Gaetano. Che tipo di progetto è? È una specie di liquidazione volontaria?
ROVERARO. Francamente non lo so perché a me non fu mai presentato. So soltanto che Locatelli era interessato alla questione; mi pare che una volta lo incontrai e mi pose delle domande del tipo a che punto eravamo e che cosa pensavamo, ma in nessun incontro fornì alcuna spiegazione o alcun punto di vista sulla questione.
VENETO Gaetano. Ha mai visto insieme Capaldo e Geronzi?
ROVERARO. No. Vorrei comunque precisare che sicuramente non ho mai visto il professor Capaldo insieme al dottor Geronzi per parlare di tali questioni. Non posso escludere di averli incontrati in altre circostanze.
ALOI. In riferimento ai consorzi agrari provinciali, che credo sia un punto da non trascurare, Ella dice: "La nostra opinione era che non fossero molto importanti le strutture immobiliari dei CAP, che anzi apparivano ingombranti e costose". Le chiedo se questi termini "ingombranti e costose" volessero riferirsi, al di là della situazione, alla Federconsorzi a livello centrale? Il riferimento a questa realtà organizzativa della periferia poteva significare, secondo lei, che vi erano serie preoccupazioni anche sul piano della gestione, con ciò dando un senso più ampio al semplice significato dei termini "costoso ed ingombrante"?
La seconda domanda - e ritorno su una questione posta ieri anche al dottor Geronzi - è a proposito delle banche straniere di cui parlava anche l'onorevole Mancuso: mi riferisco in particolare ad una strana lettera inviata da una banca giapponese alle varie banche in cui si faceva presente che in effetti vi erano serie perplessità e preoccupazioni da parte di tutte le banche straniere. Adesso Ella rende un po' più esplicita questa sua affermazione: "…dette banche si lamentavano di aver finanziato Agrifactoring, credendo di essere garantite dallo Stato e quindi si riteneva da parte loro il sistema italiano inaffidabile".
Le chiedo se si considerava inaffidabile il sistema perché si era in presenza di una garanzia di uno Stato ad un certo punto non più garante o perché, pur essendoci lo Stato ad essere garante, non vi era la garanzia? Da che cosa poteva essere desunta questa inaffidabilità? Da fatti specifici, da situazioni o problemi marginali o da qualcosa che invece investiva tutto il sistema?
ROVERARO. Le sue domande richiederebbero una risposta molto ampia che, tra l'altro, non sono in grado di darle. La mia risposta circa i termini "costoso e ingombrante" è molto specifica: se non ricordo male, si fa riferimento all'idea di costituire una società nuova che rilevi i beni dei consorzi agrari provinciali, il cui capitale venga sottoscritto dagli agricoltori o da altri finanziatori. L'osservazione era relativa esclusivamente alla seguente considerazione: se i miliardi necessari fossero stati 1.000, evidentemente non si sarebbe mai potuto realizzare un progetto di questo genere; affinché si rimanesse nell'ambito dei 200, bisognava non comprare gli immobili.
ALOI. Quindi il significato è letterale.
ROVERARO. Quanto alla seconda domanda potrei svolgere una considerazione: francamente non credo che le banche estere in quella circostanza fecero una gran bella figura. Possono affermare che lo Stato italiano non è attendibile, ma in quello specifico contesto forse hanno detto una cosa offensiva ed infondata.
ALOI. Perché secondo lei le banche straniere si defilarono senza essere, quantomeno, pagate?
ROVERARO. Non saprei dire.
D'ALI'. Poco fa ha accennato al fatto che anche la sua società elaborò un piano di possibile acquisizione da parte dei creditori del patrimonio Federconsorzi. Ha detto che questo piano veniva presentato come un'opportunità per tutti i creditori di poter recuperare una cifra intorno al 40 per cento dei loro crediti. Naturalmente questa fu una risultanza di un esame approfondito circa la possibilità di realizzo dei beni del patrimonio Federconsorzi. Ha anche detto che non ebbe più notizia della sorte di questo piano; da tale considerazione mi sembra di dedurre che esso non fu messo in concorrenza con altri. Vorrei quindi sapere se sia vero che non si procedette nemmeno ad un paragone con la proposta da voi fatta e se effettivamente la previsione di realizzo del 40 per cento fosse molto vicina alla verità, sulla base di un progetto che era a metà strada tra un congruo realizzo ed una liquidazione; quindi, se effettivamente venne considerata nella valutazione di questa proposta di realizzo del 40 per cento - come si usa in campo finanziario - una decurtazione dei valori dei beni, determinata dall'urgenza di procedere al realizzo.
ROVERARO. Abbiamo desunto la percentuale del 40 per cento dal fatto stesso che era stato chiesto un concordato. Per questo bisogna pagare il 40 per cento. Poiché questo è stato approvato anche dai creditori, a maggiore ragione abbiamo desunto che fosse adeguato. Non abbiamo fatto un esame analitico, perché sarebbe stato del tutto spropositato, almeno per le nostre possibilità finanziarie. Quindi lo abbiamo desunto da questo. In secondo luogo, il presupposto fondamentale del nostro piano era che la nuova società che avesse acquisito i crediti avrebbe dovuto essere una società controllata interamente ed espressamente dai creditori che liberamente avessero scelto di farlo, liquidando almeno al 40 per cento quei creditori, presumibilmente minori, che non avessero intenzione di proseguire.
D'ALI'. Lei parla di acquisizione di crediti e anche di patrimonio, cioè parla dell'attivo.
ROVERARO. Sì, dell'attivo.
D'ALI'. Qui c'è un punto molto delicato, rappresentato da una cospicua mole di crediti. E' bene precisare che lei stimò che l'offerta concordataria al 40 per cento - con le precisazioni che ora ha fatto di non essere entrato nel merito specifico dell'analisi del patrimonio - riguardava tutti gli attivi della Federconsorzi.
ROVERARO. Se fosse stato vero, i creditori che si fossero trasformati in azionisti avrebbero assunto il rischio-opportunità di guadagnare di più o di perdere di più; però, per noi era fondamentale, perché altrimenti la par condicio non si sarebbe verificata, che tutti coloro che dovevano partecipare diventassero azionisti, altrimenti non sarebbe stata una cosa opportuna.
D'ALI'. Mi scusi, però il meccanismo di assunzione di questa società nel concordato avrebbe in ogni caso garantito ai non partecipanti un realizzo del 40 per cento.
ROVERARO. Il pagamento del 40 per cento, perché così prevede il concordato.
D'ALI'. Quindi, l'alternativa per i creditori era quella o di avere il 40 per cento certo, oppure di assumere un rischio che avrebbe potuto portarli al di sopra di questa somma, ma anche al di sotto.
ROVERARO. Esattamente.
BUCCI. Vorrei sapere qualcosa di più circa il "progetto Fiordaliso", che la Akros sottopose per vedere di risolvere il problema della crisi della Federconsorzi; nello specifico, quale ruolo era previsto nel progetto complessivo per le associazioni degli agricoltori, in particolare la Coldiretti e la Confagricoltura?
ROVERARO. Tengo a precisare che il cosiddetto "progetto Fiordaliso" non lo abbiamo elaborato noi, ma ci è stato sottoposto da persona che presumibilmente conosceva bene il settore.
Le due confederazioni, la Coldiretti e la Confalgricoltura, - così ci fu detto, ma devo presumere che veramente fosse così perché avemmo anche dei colloqui con i presidenti - erano al corrente del progetto Fiordaliso e, dall'incontro che ho avuto io, e comunque dalle cose che mi riferirono, erano anche d'accordo sulla sua percorribilità.
BUCCI. Se il progetto venne presentato alla Akros e non elaborato dalla Akros, chi erano gli elaboratori?
ROVERARO. Il progetto Fiordaliso è stato elaborato da altri, che ci chiesero un parere di natura finanziaria per sapere se fosse o non fosse realizzabile. Tale progetto significava costituire una holding che rilevasse l'avviamento commerciale di tutta la rete restante o di tutta la rete dei consorzi agrari e che quel capitale fosse sottoscritto dai singoli agricoltori.
Per cui, francamente, l'interesse della Coldiretti o della Confagricoltura è del tutto mediato; nella misura in cui queste associazioni rappresentano gli interessi degli agricoltori dovevano essere d'accordo.
BUCCI. Lei ha detto che il progetto Fiordaliso venne studiato e sviluppato da altri. E' possibile conoscere i nomi di questi "altri"?
ROVERARO. Il progetto Fiordaliso venne da una società di consulenza strategica che si chiama MAC, che noi conoscevamo perché aveva elaborato per noi un progetto proprio nei mesi precedenti, quindi avevamo un rapporto professionale. In quella circostanza ci chiesero se, secondo noi, l'idea, che poi è stata denominata "progetto Fiordaliso", avesse o no un qualche riscontro possibile positivo sotto il profilo finanziario.
Loro hanno elaborato questa idea, non so se poi qualcuno ha mai presentato un progetto Fiordaliso. A noi fu indicato così e noi abbiamo continuato a chiamarlo in questo modo.
BUCCI. L'approvazione o il consenso di massima a questo progetto venne dato dai responsabili delle due associazioni?
ROVERARO. Suppongo di sì, non so in quale forma, ma certamente erano al corrente. Io incontrai i presidenti del tempo, sia dell'una che dell'altra organizzazione degli agricoltori, e in quella circostanza non fu sollevata nessuna particolare obiezione, per cui ho pensato che forse non c'erano delle contrarietà.
BUCCI. Cioè, il fatto che il capitale della holding sarebbe stato sottoscritto dagli agricoltori, parte in contante - quindi con nuove risorse - e parte con l'apporto di quote dei consorzi aveva avuto il consenso di massima.
ROVERARO. Lo presumo, non è che venga fatto un controllo estremamente approfondito. Presumo che non ci fossero delle contrarietà.
PINGGERA. Forse non ho capito bene; mi è sembrato di intendere che le banche straniere non sarebbero state pagate. Vorrei sapere se a lei risulta, perché se non fossero state pagate, neanche in percentuale, allora ricorrerebbe, a mio giudizio, una aperta violazione della par condicio.
ROVERARO. A me non risulta minimamente. Le banche, come tutti gli altri creditori, avrebbero dovuto essere pagate, ma non credo che esistesse un programma di questa natura o, almeno per quanto mi riguarda, non lo so.
PRESIDENTE. Vorrei fare qualche domanda di completamento agli interventi dei colleghi.
Desta perplessità come mai la Akros si interessò alla Fedit, visto che aveva le sue competenze in settori affatto diversi da quelli dell'agricoltura.
ROVERARO. Ma perché non era un'operazione agricola, era un'operazione finanziaria come un'altra. Se si fosse dovuto costituire un società da quotare in Borsa, sarebbe stato esattamente il lavoro che abbiamo sempre fatto.
PRESIDENTE. Però il progetto che voi avevate prospettato si occupava anche di continuare la gestione, non solo della Federconsorzi, ma quanto meno dei consorzi agrari, anche se in una forma più spedita e diversa, così come aveva prospettato il progetto.
ROVERARO. Esatto, per non perdere un avviamento importantissimo, che è l'avviamento commerciale.
PRESIDENTE. Ma sempre nel settore agricoltura.
ROVERARO. Certamente non l'avremmo gestita noi.
PRESIDENTE. Perché qualcuno se ne poteva servire per il piano Locatelli, magari per smerciare merce araba o della "Tamoil".
ROVERARO. Questo francamente non lo so.
PRESIDENTE. Lo rilevo dall'intervista che ha rilasciato Florio Fiorini su "L'Espresso".
ROVERARO. Sì, ma io non ricordo...
PRESIDENTE. Cioè era appetibile, in quel periodo, l'affare Federconsorzi?
ROVERARO. Ma, guardi…
PRESIDENTE. Cioè era un'operazione - seppure legittima sul piano finanziario - di speculazione finanziaria pura e semplice oppure ci si preoccupava del dopo, del destino futuro dei consorzi agrari e di quello che avrebbe comportato anche per le sorti dell'agricoltura e degli agricoltori?
ROVERARO. Nelle nostre riflessioni ci si preoccupava anche del dopo, perché, senza far questo, non sarebbe stato lecito alcun tipo di intervento: se si preserva l'avviamento dei consorzi agrari (che a qualcuno comunque appartengono), nella misura in cui si riesce a farlo, ciò rappresenta un vantaggio per tutti, certamente per i diretti interessati.
Che poi ci potessero essere degli interessi, è una cosa che si può capire, perché la rete dei consorzi è una rete di vendita, e come tutte le reti di vendita non è facilissimo ed è anche costoso impiantarne: è una rete esistente, perché non utilizzarla? Per vendere i prodotti della "Tamoil" o della "Bayer", questo francamente non lo so: forse per tutti e due!
PRESIDENTE. Un'altra domanda, sempre inerente al tema delle banche straniere. Desta molta perplessità il fatto che la situazione creditoria delle banche straniere nei confronti della Federconsorzi (così come di Agrifactoring) non venne sufficientemente evidenziata, cosicché resta l'interrogativo di che fine avrebbero fatto - o che fecero - questi crediti delle banche straniere nei confronti di Fedit.
La sua conoscenza nell'elaborazione del piano le aveva per caso consentito di scoprire che c'era un indebitamento delle banche italiane nei confronti di quelle straniere, e quindi erano "operanti" dei crediti?
ROVERARO. No, a me la cosa non è mai apparsa così. I crediti delle banche straniere sono uguali a quelli delle banche italiane e comunque di qualunque creditore. Quindi non c'è alcun atteggiamento positivo o negativo: si tratta di un credito uguale a tutti gli altri.
PRESIDENTE. Nel suo piano (a pagina 8, punto 2 dell'esposizione relativa ad Agrifactoring), evidenziava che era necessaria la "liquidazione rapida delle banche creditrici di Agrifactoring con vantaggi sia nei rapporti tra il sistema bancario italiano e quello internazionale, sia, con riguardo a quello italiano, per quanto attiene al miglioramento dei ratios". Era avvertita questa esigenza di "togliere" subito i crediti delle banche straniere?
ROVERARO. Ci sono degli aspetti tecnici che in questo momento non saprei - per così dire - ricostruire alla perfezione, ma riguardano il fatto che se io ho un creditore che non vuole raggiungere con me un accordo e vuole essere liquidato, o lo liquido o mi porta ad una procedura concorsuale "inadatta"; l'altra questione è che, come sempre, le opposizioni, fondate o no, creano delle preoccupazioni o dei malumori: quindi, se riesco a ridurre i malumori del sistema bancario internazionale, faccio - per così dire - una cosa buona per tutti, perché l'immagine del Paese (considerando il significato relativo che io do a questa espressione) è comunque favorita e non sfavorita.
PRESIDENTE. Vorrei porre una domanda più politica che tecnica.
Ci furono degli sponsors politici a questo piano Fiordaliso o al conseguente piano, per così dire, "Roveraro"?
ROVERARO. Per quanto mi riguarda, direi di no, nel senso che se torniamo alla domanda precedente...
PRESIDENTE. Mi collegavo proprio alla domanda posta dal senatore Bucci.
ROVERARO. Posso dire che non ho mai avuto rapporti diretti, immediati e continuativi con le organizzazioni degli agricoltori. Non so però se chi abbia ispirato il progetto Fiordaliso siano gli agricoltori della Coldiretti, della Confagricoltura o tutti e due insieme: questo, francamente, non lo so.
PRESIDENTE. In questa circostanza, lei o la sua équipe di lavoro per questo progetto (che è complesso e vorrei dire quasi completo) avete avuto rapporti con l'Opus Dei?
ROVERARO. L'Opus Dei, che io sappia, non si occupa di tali questioni.
PRESIDENTE. Come società finanziaria?
ROVERARO. Come società finanziaria direi proprio di no: non ne abbiamo avuti, perché non c'era motivo di averne.
PRESIDENTE. Questo piano certamente ha comportato un grande impegno, anche dal punto di vista della soluzione di alcune questioni giuridiche, come l'intervento per l'acquisto in massa dei beni prima della fase dell'omologazione e dopo tale fase (che sarebbe stata un'operazione più spedita e più semplice): come spiega il fatto che poi l'Akros si sia "acquietata", pur avendo appreso dai giornali dell'operazione Capaldo, senza quanto meno aver esperito alcun tentativo di ripagare l'impegno che "avevate" messo - lei o chi aveva prospettato il progetto (dico "lei", intendendo l'Akros) -, si sia insomma subito tacitata, se non con qualche rimostranza stizzita che mi pare di leggere dalla deposizione fatta innanzi alla Procura di Perugia?
ROVERARO. Innanzi tutto vorrei dire che quello che può apparire particolarmente complesso e articolato è una riflessione particolarmente semplice, non è una cosa speciale. Certamente abbiamo dedicato delle energie, ma non dissimili da quelle impiegate per altri progetti, come dicevo: non so quale media si possa fare, ma su dieci progetti che si hanno in mente forse solo due o tre si realizzano.
PRESIDENTE. Questo, però, era in diretta concorrenza con il cosiddetto "piano Capaldo". Come mai non avete ritenuto di intervenire, di avanzare le vostre proposte al giudice fallimentare in concorrenza con "il piano Capaldo" (la proposta "Casella" o come la si voglia chiamare)?
ROVERARO. Del piano Capaldo abbiamo appreso a posteriori.
In secondo luogo, per fare una rimostranza lei deve avere un mandato, perché ha legittimamente motivo di farla se rappresenta degli interessi; ma se lei fa un tentativo di concludere un affare e questo non funziona perché qualcuno più bravo, o per altri motivi, è riuscito a fare meglio di lei, purtroppo - come lei sa - non può che contare le spese che ha sostenuto.
PRESIDENTE. Perché lei affrontò la discussione con Andreotti e non direttamente con Goria?
ROVERARO. Perché questa mi sembrava la cosa più semplice. Andreotti era il presidente del Consiglio dell'epoca, Goria era il responsabile del Dicastero dell'agricoltura. Mi sembrò più logico fare così.
PRESIDENTE. Ma era il Ministro che poi decise il commissariamento e gli atti ad esso conseguenti. Quindi, a mio modo di vedere - ma è una opinione - il ministro dell'agricoltura Goria era il suo interlocutore più diretto, visto che, mentre il Presidente del Consiglio si occupava di tante cose, il Dicastero dell'agricoltura si occupava proprio della gestione della Federconsorzi (tant'è che la portò al commissariamento).
ROVERARO. Per quanto ci riguarda, per le attività professionali che abbiamo sviluppato (forse avevamo consulenti un po' rozzi), ritenevamo che il Presidente del Consiglio fosse la persona più adatta o sensibile.
PRESIDENTE. Ricorda quanti incontri avete avuto con Goria?
ROVERARO. Penso uno o due incontri.
PRESIDENTE. E l'oggetto di questa conversazione con Goria quale fu? Trovò delle resistenze o...?
ROVERARO. No, non ho trovato alcuna resistenza, ma nemmeno delle prospettate soluzioni.
PRESIDENTE. Per quanto mi riguarda, ho finito. Se non ci sono altre domande, ringrazio il professor Roveraro per la disponibilità dimostrata a corrispondere alle esigenze conoscitive dell’inchiesta parlamentare.
ROVERARO. Mi scusi, signor Presidente, ma per tutta la serata mi avete definito professore, ma voglio informare i presenti che non lo sono.
PRESIDENTE. Ringrazio allora il dottor Roveraro per aver risposto alle nostre domande.
Dichiaro dunque conclusa l'audizione e rinvio il seguito dell’indagine ad altra seduta.
I lavori terminano alle ore 20,30.